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Una clausola compromissoria statutaria consente di devolvere alla cognizione arbitrale le controversie tra soci e società. Tuttavia, la legge pone dei limiti precisi a questa facoltà, e uno di questi limiti è che le controversie non devono riguardare diritti indisponibili.
Con riferimento a una particolare tipologia di controversia, quella concernente l’impugnazione delle delibere di approvazione del bilancio d’esercizio, la giurisprudenza ha da tempo adottato un approccio per così dire binario: le contestazioni formali (come possono essere quelle concernenti l’irregolare convocazione dell’assemblea o l’errata verbalizzazione) sono considerate arbitrabili, mentre le contestazioni sostanziali (ossia quelle che riguardano l’asserita falsità dei dati contabili o la violazione dei principi di veridicità e correttezza) sono ritenute attinenti a diritti indisponibili e, quindi, non arbitrabili.
Questa distinzione, seppure chiara in astratto, si è dimostrata problematica nella prassi.
Cosa accade, ad esempio, quando la stessa impugnazione contiene entrambi i profili?
Un primo orientamento del Tribunale di Milano, risalente a qualche anno fa, aveva risolto il problema in senso restrittivo. Di fronte a un’impugnazione mista – che conteneva contestazioni sia formali che sostanziali – il Tribunale aveva ritenuto che l’intera controversia fosse attratta alla sua competenza.
La pronuncia del Tribunale di Milano è edita, con un commento critico, su questa rivista (qui).
Con sentenza n. 1404 del 18 febbraio 2025 (disponibile qui), il Tribunale di Milano ha compiuto un’importante inversione di rotta.
Il Tribunale ha innanzi tutto ribadito la distinzione tra le due tipologie di vizi: le doglianze relative alle formalità dell’approvazione del bilancio (convocazione, verbale, modalità di voto) rientrano nella competenza dell’arbitro, mentre le contestazioni relative al contenuto sostanziale del bilancio (veridicità, attendibilità, correttezza) restano di esclusiva competenza del giudice statuale.
Coerentemente con questa distinzione, il Tribunale ha consentito una scomposizione del petitum, distinguendo e separando le domande, affidandole alle sedi competenti secondo la loro natura.
È una visione più matura, che prende atto della complessità delle controversie societarie e della necessità di un approccio flessibile, rispettoso tanto dell’autonomia negoziale (e quindi dell’arbitrato) quanto della tutela dei diritti indisponibili.