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Misure cautelari e arbitrato in Italia dopo la riforma del 2022: prime riflessioni a margine dell’art. 818 cod. proc. civ.

La riforma del processo civile introdotta con il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, in vigore per quel che qui interessa dal 28 febbraio 2023, ha inciso profondamente anche sulla disciplina dell’arbitrato. Tra le novità più rilevanti figura senz’altro quella relativa alla possibilità per gli arbitri di concedere, a certe condizioni, anche misure cautelari. Si tratta di un cambiamento atteso da tempo, che modifica un assetto storicamente rigido e oggetto di frequente critica.

Si può ora compiere una riflessione sul riformato art. 818 cod. proc. civ., alla luce delle prime applicazioni pratiche, e in particolare di un’ordinanza pronunciata dal Tribunale di Milano il 7 gennaio 2025 (disponibile qui), che si segnala come il primo provvedimento giurisdizionale a confrontarsi con il nuovo assetto normativo.

Prima della riforma, un tribunale arbitrale con sede in Italia si vedeva sostanzialmente preclusa la possibilità di pronunciare misure cautelari, fatta eccezione per un solo ambito specifico.  Il riferimento corre all’arbitrato societario, la cui disciplina prevedeva la possibilità per gli arbitri di sospendere in via cautelare l’esecuzione di delibere societarie ai sensi dell’art. 35, co. 5, d.lgs. n. 5/2003.  In tutti gli altri casi, invece, la competenza cautelare restava saldamente ed esclusivamente nelle mani del Giudice statuale.

Questo assetto era oggetto di forti critiche. Si osservava, tra l’altro e in particolare, che l’impossibilità per gli arbitri di garantire una tutela d’urgenza minava l’effettività dell’arbitrato stesso, rendendolo di fatto subordinato all’intervento del Giudice statuale anche in presenza di una convenzione di arbitrato, producendo un vulnus difficilmente conciliabile con le esigenze del commercio internazionale.

La nuova formulazione dell’art. 818 cod. proc. civ., introdotta con la riforma del 2022, segnare quindi il cambio di passo a lungo atteso.

La citata disposizione adesso prevede che “Le parti, anche mediante rinvio a regolamenti arbitrali, possono attribuire agli arbitri il potere di concedere misure cautelari con la convenzione di arbitrato o con atto scritto all’instaurazione del giudizio arbitrale. La competenza cautelare attribuita agli arbitri è esclusiva” (co. 1) e che “Prima dell’accettazione dell’arbitro unico o della costituzione del collegio arbitrale, la domanda cautelare si propone al giudice competente ai sensi dell’art. 669-quinquies” (co. 2).

Il meccanismo è all’apparenza chiaro.  Gli arbitri possono emettere misure cautelari, ma solo se le parti hanno espressamente conferito loro tale potere.  Una volta conferito, il potere cautelare diventa esclusivo, salvo che per la fase anteriore alla costituzione del tribunale arbitrale, in cui rimane competente il Giudice statuale.

È una soluzione che ricalca modelli già sperimentati all’estero (di cui avevamo già parlato qui) e che valorizza, finalmente, il principio di autonomia privata.

Il nuovo assetto pone infatti l’accento sulla volontà delle parti. Sono loro a decidere se e quando conferire agli arbitri il potere di pronunciare provvedimenti cautelari. Questo comporta conseguenze pratiche non banali: chi redige clausole compromissorie dovrà prestare particolare attenzione alla lodo formulazione, onde evitare ambiguità o esclusioni involontarie, il rinvio a regolamenti arbitrali assume un ruolo centrale, a condizione che questi prevedano espressamente il potere cautelare degli arbitri alla luce della nuova normativa, e le istituzioni arbitrali italiane, dal canto loro, sono chiamate a rivedere e aggiornare i propri regolamenti, in modo da allinearsi al nuovo art. 818 cod. proc. civ. e offrire alle parti uno strumento realmente alternativo al Giudice statuale.

Ed ecco che, a meno di due anni dall’entrata in vigore della riforma, è giunta la prima pronuncia destinata a fare scuola, nel bene o nel male. Si tratta della menzionata ordinanza resa dal Tribunale di Milano il 7 gennaio 2025.

Nel caso di specie, le parti avevano concluso una convenzione di arbitrato che rinviava a un regolamento arbitrale istituzionale. Quel regolamento (si trattava nello specifico, del regolamento della Camera Arbitrale di Milano), già prima della riforma, contemplava la possibilità per gli arbitri di adottare misure cautelari.  Prevedeva infatti, al suo art. 26, co. 1, che “Il Tribunale Arbitrale, su domanda di parte, può pronunciare tutti i provvedimenti cautelari, urgenti e provvisori, anche di contenuto anticipatorio, che non siano vietati da norme inderogabili applicabili al procedimento“.

Dopo l’entrata in vigore del nuovo art. 818 cod. proc. civ., il regolamento arbitrale è stato sì modificato, ma solo per consentire alle parti un opt-out: “Salvo diverso accordo delle parti, il Tribunale Arbitrale, su domanda di parte, ha il potere di adottare tutti i provvedimenti cautelari, urgenti e provvisori, anche di contenuto anticipatorio, che non siano vietati da norme inderogabili applicabili al procedimento“.

Il Tribunale di Milano, tuttavia, ha esaminato nel merito la richiesta cautelare, ritenendo sussistente la propria competenza e irrilevante la disposizione del regolamento arbitrale alla luce del mutato contesto normativo.

Si tratta di una decisione che, a ben vedere, presta il fianco a più di una critica.

Innanzi tutto, non è chiaro se nel caso di specie il tribunale arbitrale fosse stato già costituito. Tuttavia, si deve presumere di sì, poiché altrimenti il ragionamento del Tribunale di Milano non reggerebbe, dato che l’art. 818, co. 2, cod. proc. civ. in ogni caso attribuisce la competenza al Giudice statuale prima della costituzione del tribunale arbitrale.

In secondo luogo, dalla lettura dell’ordinanza emerge che le parti non hanno portato all’attenzione del Tribunale il fatto che già prima della riforma del 2022 il regolamento arbitrale della Camera Arbitrale di Milano prevedeva che gli arbitri avessero il potere di emettere tutti i provvedimenti cautelari che non fossero “vietati da norme inderogabili applicabili al procedimento“. 

In altre parole, la competenza cautelare degli arbitri non sarebbe discesa da una modifica del regolamento, bensì da una modifica del quadro normativo a regolamento arbitrale invariato.

Si potrebbe obiettare che, in un simile contesto, mancherebbe una esplicita e consapevole attribuzione della competenza cautelare al tribunale arbitrale.  L’obiezione non pare però cogliere nel segno, perché omette di considerare che la scelta per l’arbitrato amministrato si fonda sulla fiducia delle parti per l’istituzione arbitrale; fiducia che – come osservato in dottrina – non può risolversi nella cristallizzazione di un assetto regolamentare alla data della clausola compromissoria, ma deve invece consentire all’istituzione di modificare il proprio regolamento o il suo ambito di applicazione, anche – come avvenuto nel caso di specie – in virtù di sopravvenuti mutamenti normativi.

 

Roberto Oliva:
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